
Nelle ultime ore è emersa una vicenda che ha sconvolto una famiglia già segnata dal dolore e che ha rimesso al centro una figura entrata nel cuore del pubblico italiano. Un episodio silenzioso, quasi invisibile all’apparenza, ma capace di ferire più di mille parole: qualcosa è sparito da una casa, lasciando dietro di sé un vuoto fatto di memoria, affetto e significato. E da quel momento nulla è più stato percepito come prima.

Il furto che ferisce il cuore della famiglia di Nadia Toffa
La madre di Nadia Toffa, Margherita Rebuffoni, ha scoperto che ilGrosso d’Oro, la massima onorificenza civica del Comune di Brescia conferita nel 2019 alla memoria della giornalista, è stato rubato dalla sua abitazione.
Non un furto qualunque, non un gesto dettato solo dal valore materiale di un oggetto: qui si parla di un simbolo che rappresenta anni di impegno, coraggio e amore verso gli altri.
Margherita si è accorta dell’assenza del premio quasi per caso. La custodia era lì, al suo posto, ma vuota, senza segni di scasso, senza rumori sospetti, senza nulla che potesse far pensare a una sottrazione “classica”. Un silenzio, appunto. Quello che fa più male.
“Ho sperato che chi lo ha preso capisse il suo valore affettivo, ma così non è stato”, ha dichiarato con la voce incrinata dal dolore ma determinata.
Poi l’appello, semplice e potentissimo:
“Restituitelo. Non vale per il suo materiale, ma per ciò che rappresenta.”
Il valore del Grosso d’Oro: un simbolo della forza di Nadia
Il Grosso d’Oro è una delle onorificenze più prestigiose assegnate dal Comune di Brescia, un riconoscimento destinato a chi si distingue per meriti civili, culturali o umanitari.
Nel 2019 venne conferito a Nadia Toffa, scomparsa da pochi mesi, come tributo alla sua attività di denuncia sociale, alla sua energia contagiosa e alla sua lotta portata avanti sempre a viso aperto.
Quel premio era diventato un oggetto prezioso non per il metallo di cui è fatto, ma per la storia che racchiude.
Un premio che ricordava ai familiari, agli amici e a chi l’aveva seguita la forza con cui Nadia aveva scelto di condividere il proprio percorso, anche quello più doloroso.
Di fronte al furto, il Comune sta valutando la possibilità di realizzare una copia, ma il gesto resta comunque una ferita aperta.
La Fondazione Nadia Toffa: un impegno che continua e cresce
Mentre la notizia del furto scuote la città e i tanti che continuano a voler bene a Nadia, la Fondazione Nadia Toffa Onlus prosegue il suo lavoro con una determinazione che rispecchia perfettamente lo spirito dell’ex inviata de Le Iene.
Nel corso dell’ultimo anno la Fondazione ha potenziato i suoi interventi, sostenendo progetti concreti, mirati e distribuiti in varie regioni italiane.
Tra le iniziative finanziate figurano:
• la donazione di un sistema ecografico con neuronavigatore agli Spedali Civili di Brescia, fondamentale per individuare con maggiore precisione le neoplasie cerebrali;
• l’acquisto di strumenti chirurgici e materiali per chemioterapia destinati agli ospedali di Livorno e Potenza;
• contributi alla ricerca sulla biopsia liquida presso il San Raffaele di Milano;
• sostegni economici a progetti innovativi basati sull’intelligenza artificiale applicata all’oncologia;
• aiuti diretti alle comunità più vulnerabili, inclusi interventi nella Terra dei Fuochi;
• supporto ai reparti oncologici pediatrici e nuove collaborazioni con istituti sanitari nazionali.
Cene solidali, eventi dedicati, raccolte fondi e iniziative territoriali hanno permesso di alimentare una rete che continua a crescere anno dopo anno.
Una rete che riflette i valori di Nadia, il suo modo di affrontare il mondo: senza paura, senza filtri, senza voltarsi mai dall’altra parte.

Nadia Toffa: un’eredità che vive e continua a illuminare
Nadia aveva raccontato in prima persona la sua dura battaglia contro il tumore cerebrale, condividendo pubblicamente le fasi più difficili della malattia. Il suo libro “Fiorire d’inverno” rimane oggi una testimonianza dolorosa e luminosa allo stesso tempo.
La sua scomparsa nell’agosto del 2019, a soli 40 anni, ha lasciato un vuoto profondo in chi l’ha conosciuta o semplicemente seguita.
La madre continua a essere un punto fermo nel portare avanti l’eredità della figlia, ma questa volta si trova costretta a parlare non per celebrare un nuovo progetto, bensì per lanciare un appello disperato ma pieno di dignità.
“Chi l’ha preso sappia che non si tratta di un oggetto prezioso, ma di un pezzo di memoria”, dice Margherita.
Un pezzo che non può essere venduto, barattato o nascosto.
Un pezzo che va riportato al suo posto, là dove ricorda cosa Nadia è stata e cosa continua a essere attraverso la Fondazione e le persone che credono nel suo esempio.